Consegna della Dote.
- Foca Fiumara
- 22 mag 2019
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 28 mag 2019
In data 12 agosto 2014, promossa e organizzata dal sottoscritto Mario Fiumara (detto Foca) e dalla signora Teresa Pizzonia, si è svolta la seconda manifestazione della tradizionale "Consegna della dote". Il prof. Franco Niesi, incaricato da noi organizzatori per illustrare la cerimonia, avendo appreso dei pareri divergenti e chiaramente di parte, espressi nei suoi riguardi da un individuo inseritosi nel gruppo organizzativo, ha rifiutato decisamente ogni collaborazione.
Ora, aderendo alla mia richiesta, mi ha offerto la relazione che aveva preparato in merito ed io ho il piacere di pubblicarla.
Eccola:
Mario Fiumara (ben noto come Foca) e la signora Teresa Pizzonia quest'anno ci hanno fatto rivivere la cerimonia della "Consegna della dote", secondo la tradizione. Le pacchiane, qui presenti, vestite secondo i costumi del tempo, rappresentano le donne che allora trasportavano i vari oggetti della dote, che si consegnava otto giorni prima della celebrazione del matrimonio.
L'illustre prof. Alfredo Barbina, in un suo libro ancora inedito, scrive che tale rito ultracentenario si è celebrato fino ai primi degli anni quaranta-cinquanta del secolo scorso. "Era una cerimonia solenne e festosa", che coinvolgeva non solo le parentele interessate, ma tutto il paese che partecipava curiosando e commentando.
Ma prima di passare in rassegna le varie masserizie trasportate dalle nostre pacchiane, vediamo, però, come si arrivava a concludere un matrimonio.
Quando il giovane adocchiava una ragazza, faceva la cosiddetta corte, passeggiando sotto il balcone o sotto la finestra della sua casa oppure quando si andava in chiesa la domenica nelle celebrazioni solenni, se le simpatie erano reciproche, gli innamorati si scambiavano gli sguardi.
Il giovane, fatta la scelta, la comunicava con una certa apprensione ai genitori. Questi valutavano l'intendimento del figlio e se la ragazza non era di loro gradimento cercavano in tutti i modi di distoglierlo; come si diceva allora, lo sconsigliavano, adducendo svariati motivi o sulla ragazza o sulla sua famiglia.
Lo stesso avveniva in casa della ragazza, quando apprendevano l'interessamento amoroso del giovane per la propria figlia.
Se le scelte venivano condivise, si incaricava un parente o una persona affidabile (che assumeva il ruolo di ambasciatore) per inoltrare la richiesta ai genitori della ragazza da marito.
Per i matrimoni tante volte erano i parenti che suggerivano ai genitori la scelta del ragazzo o della ragazza per il fidanzamento, basandosi su posizioni economiche o su stato sociale, dicendo: "Tua figlia starebbe bene con quel tizio" oppure "Tuo figlio sposerebbe una ragazza brava e benestante"... Erano i cosiddetti matrimoni combinati... Ed erano pure matrimoni cosiddetti di interesse. E questi certe volte riuscivano bene altre volte erano dolori... Ma non si arrivava facilmente a divorzi o separazioni...
Inoltre a quei tempi c'era il cosiddetto ruffiano, il quale di sua iniziativa o su incarico dell'interessato o dell'interessata, cercava di combinar fidanzamenti e poi eventuali matrimoni. Come? Stabiliva quale ragazza faceva per un tale giovane e viceversa oppure se era incaricato dal ragazzo o dalla ragazza portava le cosiddette "ambasciate" o le letterine. Oltre ai messaggi all'uno e all'altra portava eventuali regali che si scambiavano di nascosto gli innamorati. Se le cose procedevano bene, si facevano i passi per il fidanzamento ufficiale.
Capitava, però, che qualche volta il ruffiano (e a volte la ruffiana) non era leale nel compito affidato e giocava qualche brutto scherzo, cioè combinava il fidanzamento e poi il matrimonio per lui. Alcune donne anziane nel nostro paese ricordano qualche caso.
Ma ora state attenti a quanto segue:
Avanzare una proposta di fidanzamento era possibile se la ragazza era figlia unica o la prima nata della famiglia. Se invece si trattava che la ragazza che interessava era la seconda o terzogenita non c'era nulla da fare, perché era consuetudine che si doveva sposare prima la sorella maggiore. E se questa per vari motivi non si sposava, le altre rischiavano di rimanere zitelle. Solo dopo tanto tempo questa mentalità si è attenuata e, per vari motivi, si è fatto uno strappo alla regola e così le sorelle minori hanno potuto tirare un sospiro di sollievo per il loro futuro. Ora, come possiamo constatare, non c'è più questo vincolo: a volte si sposa l'ultima e poi via via le altre se trovano l'anima gemella.
Quando il fidanzamento diventava ufficiale, il giovane andava a trovare la fidanzata in casa, ma doveva stare a debita distanza. In mezzo ai due fidanzati si frapponeva o il padre o la madre o un fratello o una sorella oppure un parente. I fidanzati si dovevano solo guardare. Non potevano uscire da soli. Per qualche visita o per qualche rara passeggiata dovevano essere accompagnati da qualcuno.
Inoltre si stabiliva quando e quante volte alla settimana il fidanzato poteva andare a trovare la fidanzata.
Nel frattempo si avviavano le trattative per il matrimonio e si stabiliva cosa portava la fidanzata, perché oltre alla dote, si pattuiva pure su eventuali fabbricati o terreni. E anche su soldi liquidi.
La fidanzata, come sopra detto, doveva portare la dote, che consisteva in coperte, lenzuola, tovaglie, servizi da tavola, servizi di caffè, pentolame ecc. e si stabiliva il numero, cioè servizi da sei, o da dodici oppure da ventiquattro. Per quanto riguardava alcuni capi di biancheria, entrando nei particolari, bisognava specificare pure la qualità, cioè se di lana, di lino o di cotone, a seconda i capi.
Lenzuola, tovaglie, servizi da tavola erano le stesse ragazze e le loro mamme ad allestirli, cioè tagliavano, cucivano e li abbellivano con ricami.
In quel tempo le signorine non si dilettavano con i telefonini o con gli altri strumenti elettronici come fanno adesso, ma si sedevano al focolare d'inverno e sui balconi o sui pianerottoli di casa in estate e ricamavano o cucinavano. Quando le figlie erano numerose si ripartivano i compiti: chi badava alla casa, chi alla cucina, chi andava in campagna (se possedevano terreni) e chi andava ad apprendere l'arte del cucito (la mandavano a' maistra come si diceva allora), insomma si adoperavano per imparare a fare tante cose per essere poi brave mogli.
A quei tempi tante famiglie erano numerose o per volontà dei genitori oppure diventavano numerose a furia di volere per forza almeno un figlio maschio dopo tante nascite femminili. E si diceva allora che quando nasceva il figlio maschio ridevano i "ciaramidi" (cioè le tegole dei tetti), mentre quando nasceva la femmina i "ciaramidi" piangevano.
Nelle trattative, come sopra accennato, anche il fidanzato doveva fare presente ciò che portava. Anzitutto doveva avere un lavoro o una fonte sicura di guadagno per mantenere la moglie e l'eventuale prole. Se i suoi genitori possedevano case o terreni erano pure oggetto della trattativa. Così, se le parti si sentivano reciprocamente soddisfatte si procedeva per il matrimonio, altrimenti tutto andava a monte. E se andava a monte erano guai per la povera ex-fidanzata, perché correva il rischio di non sposarsi più. E non solo, le famiglie poi, per i pettegolezzi che serpeggiavano si rendevano indifferenti, infamandosi a vicenda.
Inoltre a quei tempi si verificavano anche i matrimoni per procura, specialmente tra emigrati in America e donne del paese. I familiari o i vicini di casa combinavano matrimoni con persone emigrate. Dopo aver fatto i sondaggi necessari inviavano le fotografie della persona interessata e se le cose andavano per il verso giusto, il matrimonio si celebrava per procura, cioè senza che l'interessato o l'interessata venisse dall'America, delegava, con procura notarile, un parente o una persona fidata per sposarsi al suo posto. Poi la moglie (o il marito) otteneva il passaporto per emigrare e così si formava la famiglia nel nuovo continente.
Ma torniamo ancora alla dote... Per quanto riguardava la mobilia il fidanzato doveva portare la cosiddeta lastriera, dove si ponevano piatti, bicchieri, tazze, vasellame ecc., le spalliere del letto e i piedistalli, su cui poggiavano tavole per i materassi di crine o di lana per chi poteva, la tavola da pranzo con le sedie e sistemava tutto nella casa.
La fidanzata doveva portare il comò e due casse; in mancanza del comò bisognava portare tre casse. Tutta questa mobilia era fatta dai falegnami del luogo, che in quei tempo erano numerosi. Pezzi pregiati di questi mobili esistono in parecchie case del nostro paese.
Quando dovevano decidere la data gradita per celebrare il matrimonio i genitori dei futuri sposi si recavano dal parroco e stabilivano ogni cosa. E di solito non c'erano difficoltà.
Oggi invece difficilmente possono scegliere la data gradita, perché tutto dipende dalla disponibilità dei ristoranti. Non possono andare dal parroco se non prima sistemano la data col ristorante. E mentre una volta i matrimoni si celebravano di sabato e per lo più di domenica, oggi bisogna accettare ogni giorno della settimana, anche il martedì e il venerdì, che nella credenza popolare erano considerati giorni sfortunati e quindi da evitare. Si diceva e si dice ancora: "De venneri e de marti non si spusa e non si parti". Oggi questo detto, quindi, non vale più. Ne abbiamo avuto testimonianza nel mese scorso a Francavilla.
Otto giorni prima del matrimonio, come già detto, avveniva la consegna di quanto stabilito e si controllava tramite un elenco delle cose pattuite. E guai se veniva meno qualche promessa! Si doveva riparare oppure si poteva arrivare anche ad annullare il fidanzamento e quindi il matrimonio.
E così tutto il corredo, ossia tutto il necessario per la futura famiglia, veniva portato nella casa dei futuri sposi ed erano i rispettivi genitori e parenti a sistemare le masserizie. I futuri sposi non potevano assistere.
Le famiglie per l'occasione preparavano i dolci e i liquori fatti in casa e festeggiavano. Poi mandavano i dolci a parenti, amici e vicini di casa.
Per il matrimonio andavano presso i parenti e li invitavano a voce e tante volte ciò serviva a ravvivare rapporti di parentela eventualmente inquinati per via d'interessi o incomprensioni. Ad altri mandavano l'invito.
Il giorno del matrimonio, amici e parenti accompagnavano il fidanzato alla casa della futura sposa e questi solo in quel momento poteva vedere la fidanzata con l'abito della cerimonia nuziale.
Il padre o chi per lui accompagnava la futura sposa in chiesa. Si formava un corteo con la sposa e il padre davanti, lo sposo con i genitori e tutti i parenti dietro. Lungo il tragitto, dalla casa alla chiesa, gli sposi erano sommersi da lanci di fiori dai festosi balconi, mentre altri del corteo lanciavano confetti e in seguito anche spiccioli, che erano la gioia dei ragazzini che si lanciavano per raccoglierne il più possibile.
Si celebrava il matrimonio senza fotografi o cineprese. Qualche fotografia al lampo di magnesio, per chi se lo poteva permettere, si faceva in casa o all'aperto.
Celebrato il matrimonio avveniva il ricevimento in casa. Gli invitati, in fila, passavano davanti agli sposi, davano gli auguri, deponevano la busta con la loro offerta in un apposito vassoio e prendevano dolci o bicchierini di liquori, sempre fatti in casa, come sopra detto. I liquori si preparavano con alcool puro e con bottigliette di estratti di vario gusto, cioè alla menta, al mandarino e ad altri gusti.
I dolci erano erano biscotti di ogni tipo e di ogni forma, mostaccioli, ecc.
Fuori, sempre nei pressi della casa, veniva offerto del vino buono agli amanti del succo d'uva.
Nei giorni successivi gli sposi ricevevano altri doni consistenti in pasta, caffè, zucchero, olio e tanti altri alimenti, a seconda della disponibilità. Pertanto, per un certo periodo di tempo non dovevano comprare nulla per il sostentamento.
Nei giorni successivi, come tradizione nei paesi e in tutto il mondo, si facevano i commenti in merito alla cerimonia e a tutta la festa e non mancavano i giudizi, positivi o negativi. In che senso? Si valutavano i dolci, i liquori, il vino e ogni altra cosa e ognuno diceva la sua. Ma alla fine si conveniva che ognuno faceva quello che poteva e l'interessante era stare bene... Oggi si va al ristorante e avviene la stessa cosa: chi si ritiene soddisfatto del pranzo e chi no... In altri termini c'è chi loda e chi sbroda, diciamo noi. Purtroppo il mondo è fatto così...
Comunque i matrimoni spontanei e condivisi oppure combinati per interesse duravano per tutta la vita. Ora invece molti matrimoni spesso durano pochi anni; appena sorge il minimo dissidio si separano e le conseguenze vengono pagate da eventuali figli. Le coppie che si amano preferiscono convivere per evitare tante complicazioni post-matrimoniali.
Oggi molte coppie non vi presentano la moglie o il marito, ma il compagno o la compagna e vi dico sinceramente che quando ho sentito per la prima volta questi termini pensavo si trattasse di comunisti...
Detto questo, passiamo ad illustrare dettagliatamente le masserizie descrivendo ciò che porta ogni pacchiana e spiegandone l'uso.
Dal momento che avete visto delle pacchiane indossare vestiti dai colori diversi, vi spieghiamo il significato.
Infine, ringraziando cordialmente la signora Monica, passiamo a farvi vedere nel dettaglio i vari indumenti indossati dalle donne del tempo passato.
A conclusione, adunata di tutte le pacchiane sul palco e subito i ringraziamenti:
1) Un ringraziamento veramente sentito all'impareggiabile Foca, che con tanta tenacia ha promosso questa manifestazione, ricordando che un'altra di tale genere l'ha organizzata nel 1995. E non dimentichiamo il presepe vivente e altre belle serate, organizzate sempre da lui, nonché altre iniziative per ricordare le nostre tradizioni.
2) Alla signora Teresa Pizzonia che ha sempre partecipato alle varie manifestazioni. Ricordiamo le serate delle "zippule", quando si è dimostrata instancabile friggiatrice. In questa occasione, oltre a imbastire infaticabilmente i vari capi di abbigliamento, ha accolto nella sua casa le sarte per il cucito e tutti i collaboratori, dando utili notizie e saggi suggerimenti. E ha pure affrontato delle spese.
3) Alla signora Maria Bilotta, infaticabile sarta dei vari costumi.
4) Alla signora Adelina Bilotta, che ha fattivamente collaborato e aiutato nei vari lavori.
5) Un ringraziamento e un grande applauso a tutte le pacchiane, qui presenti, che si sono prestate per una buona riuscita della manifestazione. Un grazie particolare alla signora che si è offerta volontariamente per la vestizione.
6) Infine un caloroso ringraziamento a tutti voi che avete partecipato a questo spettacolo, sperando di avervi soddisfatto.
Grazie e arrivederci ad altri appuntamenti.

Le ricerche sono state fatte dal prof. Franco Niesi.
Mi è piaciuto l'articolo.